Magazine – COCO’S ISLAND: UNA VERITA’ SCOMODA.

Magazine – COCO’S ISLAND: UNA VERITA’ SCOMODA.

Reportage di viaggio a Coco’s Island  9-20 aprile 2010

di Renato La Grassa

Coco’s Island, o Isla del Coco, è un’isola di inenarrabile bellezza, situata a circa 600 km al largo fra il Costarica e le Galapagos, interamente ricoperta da una lussureggiante vegetazione tropicale dovuta alla particolare collocazione geografica e ad un clima molto piovoso. Sul suo territorio si riversano 6-7 metri d’acqua all’anno, generando un complesso ecosistema di specie vegetali e animali considerato come uno dei laboratori di ricerca più importanti per botanici e zoologi di tutto il mondo  e, grazie ai tali specificità, l’isola è stata dichiarata recentemente patrimonio naturale dell’umanità dall’UNESCO.

Un piccolo scrigno in mezzo all’oceano pacifico, circondato da un mare ricchissimo e famoso anche per alcune leggende che narrano di antichi forzieri colmi d’oro e pietre preziose nascosti dai pirati che navigarono in queste acque nei secoli XVII e XVIII  e mai ritrovati.

Ma è la costante presenza dei grandi branchi di martello (Hammerhead Shark), dei caroselli di carangidi, degli Albimarginatus, degli squali balena, dei pinnabianca e di tante altre specie endemiche che hanno reso celebre quest’isola nel mondo subacqueo, e le uniche barche che operano in questa zona, l’Okeanos Aggressor, la Sea Hunter e l’Undersea Hunter,  hanno un bel da fare per soddisfare le lunghe liste d’attesa dei sub che vogliono immergersi in questi luoghi da sogno.

La pianificazione di questa crociera da parte de “I Vagabondi Del Mare”, il nostro gruppo ormai sempre più numeroso di appassionati del mare, è iniziata conseguentemente molto tempo prima, in quanto la charterizzazione dell’intera barca ne ha richiesto la prenotazione con oltre un anno di anticipo, con tutte le conseguenti difficoltà  per un’organizzazione di questa portata.

Il 9 Aprile 2010 è il grande giorno, finalmente si scoglie l’ansia dell’attesa e ci attende il primo volo per Madrid con Iberia, dove tutto il gruppo proveniente da varie zone d’Italia si ricompone per raggiungere col volo successivo S.Josè in Costarica. Dopo l’amara sorpresa al ritiro bagagli per la mancanza di una valigia contenente materiale subacqueo e  fotografico, ci attende uno stop in albergo di una notte, quindi transfert di circa 3 ore a Puntarenas per l’imbarco, e infine 40 ore di navigazione.

In tutto quasi 3 giorni di viaggio, per raggiungere questo piccolo lembo di terra sperduto nel Pacifico, carichi di entusiasmo e tanta voglia di avventura e di incontri mozzafiato. D’altronde, è stato impossibile evitare il condizionamento delle immagini di Coco’s pubblicate sulle riviste, o dei filmati dove abbondano scene di grandi branchi di martello, di enormi vortici di carangidi, del volteggiare sinuoso delle mante e delle aquile di mare. Per non parlare degli squali balena, dei tigre, e di tante altre meravigliose creature dell’oceano che spesso frequentano questi fondali.

Ma il mare è sempre prodigo di sorprese, disposto a donare in pochi istanti sorprese inimmaginabili e nel contempo anche cocenti delusioni. Questa volta non è stato particolarmente generoso, in quanto i grandi raduni dei martello non si sono visti. Solo una decina di apparizioni, e le motivazioni possono essere molteplici. Rimane il fatto che questa destinazione non garantisce la grande presenza di pesce come spesso, seppure in buon fede, viene descritto sulle riviste di settore o pubblicizzato dai tour operators, ma presenta condizioni di rischio come in altre parti del mondo, e ritengo sia doveroso darne una corretta informazione, soprattutto per coloro che desiderano programmare un viaggio così ambizioso e impegnativo.

 

A parte questa delusione, la crociera ha comunque regalato momenti indimenticabili sin dal primo giorno del nostro arrivo.

E’ l’alba quando sento filare la catena dell’ancora e con l’amico Davide mi precipito a prua. Rimango ammutolito per alcuni istanti ad ammirare quella montagna di strordinario fascino che si cela davanti ai miei occhi, una foresta pluviale con falesie e cascate che precipitano in mare da molti metri di altezza, dove  volteggiano migliaia di uccelli che irrompono coi loro versi nel silenzio circostante.

La baia di Chatham, dove siamo ormeggiati, si rivela interessante anche sott’acqua. Qui è prevista la prima check dive di ambientamento, con una corrente fastidiosa che smaschera subito fisico e gambe poco allenati. Raggiunto il fondale sabbioso a circa -20 mt ci si dirige verso terra, dove si incontra un pianoro corallino popolato da una moltitudine di pesce stanziale, con tanti chirurgo, lutianidi, trombetta, pappagallo, carangidi, pinnabianca, murene, e inaspettatamente una manta enorme ha fatto una fugace apparizione dileguandosi velocemente all’orizzonte.

La morfologia del fondale, ben diversa da quella dei reef tropicali, è ovunque caratterizzata  da una roccia tipicamente vulcanica arricchita da agglomerati di corallo duro e poco colorato. Niente atolli e barriere madreporiche che precipitano nel blu impreziosite da alcionari multicolori e da gorgonie gigantesche, ma falesie rocciose che si inabissano al massimo con qualche leggero declivio. Qui si compiono tutte immersioni quadre entro i 35-40 metri, in quanto i grandi branchi di pesce di si mantengono a queste profondità e di norma non è necessario scendere ulteriormente per osservarli.

Ora, dopo la check dive, siamo qui per assistere al grande spettacolo del mare, rassicurati delle esperienze raccontate da chi qui c’è già stato e dalla certezza, così come viene spacciata, che a Coco’s Island in qualsiasi periodo dell’anno gli avvistamenti sono un garanzia assoluta.

Tutte le successive discese, invece, hanno confermato una realtà ben diversa, con scarsa presenza di pesce giustificata da una concomitanza di fattori negativi come la presenza costante del Ninio che intorbidiva l’acqua conferendole una fastidiosa colorazione verdognola, dell’elevata temperatura del mare sempre intorno ai 29-30° e alla scarsa corrente. Purtroppo va anche segnalata la pesca indiscriminata degli squali che le società di pesca provenienti dalla costa stanno perpertrando, nonostante il divieto assoluto imposto dalle autorità, come testimoniato dalle grandi matasse di reti da pesca confiscate dai rangers dell’isola e dai filmati trasmessi da varie Tv internazionali, che mostrano esemplari di martello issati a bordo, privati delle pinne e rigettati in mare.

In sei giorni di crociera abbiamo circumnavigato l’isola immergendoci nei siti più interessanti come Isla Pajara, Viking Rock, Dirty Rock, Punta Maria, Big e Small Dos Amigos, Manta Corner, Isla Muela, Submerged Rock, Bajo Alcione. Nel complesso, tutte le discese erano accomunate da una visibilità non eccezionale, con una costante presenza di pinnabianca, trigoni, qualche esemplare di aquila di mare, molto pesce di barriera con prevalenza di trombetta, murene, lutianidi, aragoste, chirurgo e sporadiche apparizioni di martello che hanno sempre mantenuto una certa distanza di sicurezza. Degna di nota, invece, la prima immersione a Dirty Rock, caratterizzata da una limpidezza dell’acqua e da una luminosità ambientale senza precedenti. Sul fondo, intorno a -30, ecco materializzarsi alcuni grossi esemplari di martello ma la visione dura brevi istanti, dopo di che uno sconcertante deserto. Puntiamo quindi sul versante opposto della dorsale rocciosa,  popolato da migliaia di carangidi indaffarati in virtuosi caroselli, disturbati dall’ingresso indesiderato dei pinnabianca e di qualche trigone.

Finalmente soddisfatti, decidiamo di ripetere la discesa per approfittare del momento favorevole e tentare l’incontro di fortuna, ma le anomalie del Ninio ci hanno prontamente ricondotto alla realtà restituendo un ambiente completamento diverso dal precedente, con un drastico peggioramento della visibilità e una considerevole riduzione dei pesci.

Fortunatamente Coco’s mantiene celato un vero tesoro sommerso, immutato nel tempo e che ogni giorno con l’imbrunire si rivela puntualmente ai suoi ospiti. Mi riferisco alle immersioni notturne di Manuelita e Bahia Chatam, uno spettacolo unico al mondo in cui un numero impressionante di piannabianca si radunano in caccia. In questa circostanza l’adrenalina s’impenna, con gli squali che arrivano da ogni direzione perlustrando incessantemente ogni cavità alla ricerca di cibo, e quando avviene la cattura di una preda inizia il finimondo, con decine di squali che si avventano sul povero predatore per strappargli il cibo, in un groviglio concitato di corpi che ha dell’inverosimile. Poi d’improvviso il trambusto si placa e la caccia riprende daccapo tralasciando soltanto le aragoste che, immuni da questi attacchi, si avventurano in gran numero fuori tana alla ricerca di crostacei  e piccoli pesci.

Non vorrei più uscire, ma i ritmi della crociera ce lo impongono. A pochi metri dalla superficie capto uno strano formicolio in tutto il corpo e illuminando con la torcia scopro di essere avvolto da miliardi di minuscoli organismi, microscopici vermi che brillano e pulsano all’unisono e occludono le mie povere orecchie, facendomi rimpangere il cappuccio dimenticato in barca.

Riemergo sotto un cielo colmo di stelle, così grandi che mi sembra di poterle toccare, e in attesa che il gommone torni a prenderci mi godo nel buio più totale questo spettacolo grandioso, appagato dai momenti indimenticabili che il mare mi ha appena concesso.

Ma anche in superficie Coco’s mostra tutto il suo fascino e una visita all’interno è assolutamente imperdibile. Approfittando di una giornata soleggiata, nell’intervallo fra due immersioni scendiamo a terra per una breve escursione, dove veniamo accolti con molta cordialità dai rangers, i guardaparco locali che prestano opera come volontari e che provvedono, coi pochi mezzi a disposizione dal governo, al controllo del territorio e  della pesca abusiva. Sottolineando la difficoltà nel far rispettare le leggi, ci mostrano con non poca frustrazione il deposito in cui hanno ammassato chilometri di reti da pesca sequestrate ai pescherecci durante le attività di controllo in mare, consapevoli dell’importante danno ecologico arrecato all’ambiente.

L’escursione prosegue con la visita alla stazione e agli alloggi dei volontari, realizzati su palafitte per evitare il contatto col terreno sempre umido a causa delle piogge incessanti, e una passeggiata nella zona più interna dove in questo eden costaricano cresce rigogliosa una varietà incredibile di specie botaniche. C’è anche un caratteristico ponte su un piccolo corso d’acqua, interamente costruito col solo ausilio del materiale recuperato dalle reti da pesca sequestrate, e somigliante per fattezza e fantasia costruttiva a un antico ponte orientale. Avremmo anche voluto raggiungere la parte superiore dell’isola, ben conosciuta per gli scenari preistorici del suo paesaggio (non a caso vi hanno girato il film Jurassik Park), per i torrenti che si spingono fino alla costa generando spettacolari cascate che precipitano in mare, e  per la presenza di numerose colonie di uccelli che qui vengono a nidificare, ma i sentieri intrisi d’acqua dai precedenti piovaschi ce lo impediscono e a

malincuore rinunciamo.

Ci piacerebbe prolungare la permanenza a terra ma le nostre guide ci attendono già sui gommoni,  così non rimane che congedarci dai nostri amici guardaparco con la promessa di rivederci in una prossima occasione. Quindi di corsa a prepararci per la prossima immersione, che ci regala un incontro molto fugace con un grosso Galapagos, materializzatosi improvvisamente nel fondale sabbioso ma dileguatosi con altrettanta solerzia, senza neppure il tempo di uno scatto fotografico.

La crociera volge ormai al  termine e le ultime discese nel blu avvengono senza ulteriori particolari emozioni. Quando l’Aggressor toglie gli ormaggi mi ritrovo immerso nei miei pensieri, in cui ripercorro in pochi istanti l’intera organizzazione del viaggio, le grandi aspettative prima della partenza e le impreviste delusioni, gli intensi momenti di vita vissuti con chi ha condiviso con me questa indimenticabile avventura, e saluto quest’isola straordinaria dalla quale mi congedo con un semplice arriverderci, perché è già scritto che l’appuntamento con i grandi attori del mare è solo rinviato alla prossima puntata.

NOTIZIE UTILI.

  • Per raggiungere Coco’s Island: abbiamo volato con la compagnia aerea Iberia e fatto scalo a Madrid, poi proseguito per S.Josè. Il mattino dopo trasferimento a Puntarenas dove ci si imbarca e si arriva a Coco’s Island dopo circa 40 ore di navigazione, che possono arrivare a 50 in condizioni di mare mosso.
  • Barca: le uniche barche che effettuano crociere a Coco’s Island sono l’Okeanos Aggressor, di proprietà americana, e la Undersea Hunter e Sea Hunter entrambi di proprietà costaricana. L’Okeanos Aggressor è un’imbarcazione di 36 metri, con una disponibilità di 22 posti letto distribuiti in 9 cabine doppie e una quadrupla. Gli spazi delle cabine sono un pò penalizzati dalle dimensioni dei letti da una piazza e mezza, e dal lavabo che è collocato in camera e non nel vano doccia. La cuccetta di prua, invece, ha spazi decisamente ridotti, e gli spazi per gli abiti e gli oggetti personali sono insufficienti.
  • Rete elettrica: Esternamente sono presenti dei pannelli per la ricarica di torce, flash, ecc. con prese di corrente a 110 V, mentre nel salone interno ci sono prese a 110V e 220V. Nelle cabine è vietata la ricarica di qualsiasi apparecchio, compresi i cellulari.
  • Equipaggio: L’equipaggio di bordo è sempre stato cordiale e disponibile e non ci sono state lamentele o segnalazioni di alcun tipo;
  • Guide: sono due, che possono cambiare da crociera a crociera. Nel nostro caso le guide erano Alberto, anche capitano dell’Aggressor, e Mauricio. Nota dolente, già segnalata al nostro rientro, è stato il comportamento del capitano, che in immersione preferiva dedicarsi alla fotosub piuttosto che alla ricerca del pesce e al controllo dei sub e delle rispettive riserve d’aria, al punto che in certi casi ci siamo autogestiti per maggiore sicurezza. Altra doverosa segnalazione riguarda 2 corsi Nitrox, tenuti sempre dal capitano e istruttore TDI, la cui durata è stata di appena 20 min. complessivi con un costo supplementare per la spedizione dei singoli brevetti, senza il rilascio del relativo manuale;
  • Cucina: Molto buona, ma con poco pesce. Ottimi primi piatti e zuppe, con carne e frutta in abbondanza.
  • Attrezzatura: A bordo ci sono solo bombole da 12 litri in alluminio con monoattacco INT americano (con caramella interna fissa), pertanto chi possiede un primo stadio con attacco DIN deve munirsi di staffa adattatrice. Si trovano solo due bombole da 15 litri, che vanno chieste preventivamente e con un costo aggiuntivo di 40 dollari a settimana. Inutile chiederne un numero superiore, in quanto è un servizio non offerto. Si trovano anche cinture, ma è consigliabile portarsele da casa. Il nitrox non è compreso nel prezzo della crociera e costa 100$ a settimana;
  • Noleggio: a bordo ci sono 5 attrezzature subacquee complete (non in condizioni eccellenti), e una fotografica composta da una digitale compatta in custodia con flash esterno, al costo di 25$ al giorno;
  • Spese extra: per tutte le spese sostenute a bordo (bevande non comprese nel prezzo, telefonate, noleggi, corsi, magliette, ecc.) viene fatto un regolare conteggio con l’aggiunta, obbligatoria per legge, dell’iva al 13% con rilascio della ricevuta fiscale.
  • Mance: Sono molto gradite, e ne viene fatta esplicita richiesta a fine crociera.
  • Moneta: Oltre alla moneta locale si accettano dollari americani, ma non Euro.

I componenti del gruppo: Birocchi Vincenzo, Brigida Francesca, Cefalo Gennaro, Colletta Emanuela, D’angelo Davide, Edelmann Ruta, Fatica Gianni, Fiorio Ornella, Garetto Giacomo, Lancia Paola, La Grassa Renato, Lucarini Luca, Lucci Gina, Mattia Alessandro, Marizza Danilo, Mattia Maurizio, Merlini Elettra, Ottaviano Paola, Paganelli Monica, Pontico Pierluigi, Skulte Christian Axel, Valleggi Giuseppe

 

 

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